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Sostanze inquinanti nella nostra dieta che accelerano l’invecchiamento

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Gli inquinanti sono, senza dubbio, dannosi per definizione. Ma non tutti sono uguali. Tra la moltitudine di composti chimici di sintesi che inquinano il nostro ambiente, a far scattare gli allarmi sono soprattutto gli inquinanti organici persistenti (POP).

Si tratta di composti tossici presenti nell’ambiente, nell’acqua e negli alimenti. Come indica il nome, la loro resistenza al degrado li fa rimanere a lungo nell’ambiente. A peggiorare le cose si tratta di composti facilmente diffusi che si accumulano nel tessuto adiposo degli esseri viventi e che sono in grado di provocare effetti negativi sulla salute umana e sull’ecosistema. Insomma, hanno tutte le carte in regola per crearci grossi problemi.

A ciò si aggiunge che, grazie alla loro libera circolazione globale attraverso l’atmosfera, non rimangono stagnanti dove sono stati scaricati. Al contrario, possono essere presenti in tutto il pianeta.

Inoltre, sono composti semivolatili, molto stabili, con bassa solubilità in acqua e con un’elevata capacità di biomagnificazione (aumentando la loro presenza) man mano che si risale la catena alimentare. Ecco perché non è raro che finiscano nei nostri piatti.

Diossine e PCB

All’interno dei POP c’è una grande diversità. All’Università di Navarra si sono concentrati sullo studio dei policlorobifenili (PCB) e delle diossine, entrambi onnipresenti nella catena alimentare, ed in particolare nella carne e nei latticini, nel pesce e nei crostacei. Poiché alcuni PCB e diossine hanno meccanismi simili, vengono spesso studiati insieme nel contesto della salute pubblica.

I PCB sono sostanze aromatiche clorurate tossiche la cui formula è stata descritta per la prima volta da Schmidt e Schultz nel 1881. Sono composti idrofobici, che conferiscono loro la capacità di reagire con i lipidi degli organismi viventi e, quindi, di accumularsi nei tessuti.

I PCB sono stati utilizzati come fluidi industriali, compresi i refrigeranti dielettrici nei condensatori e nei trasformatori, fino a quando non sono stati vietati nella maggior parte dei paesi negli anni ’80. Il cibo è la principale fonte di assunzione umana di PCB.

Il nome “diossine” raggruppa normalmente composti appartenenti a due strutture chimiche molto diverse: le policlorodibenzo-p-diossine (PCDD) e i policlorodibenzofurani (PCDF). Le diossine si accumulano nella catena alimentare, principalmente nel tessuto adiposo degli animali.

Le malattie cardiovascolari e l’invecchiamento cellulare aumentano

Oltre il 90% dell’esposizione umana alle diossine avviene attraverso il cibo, in particolare carne e latticini, pesce e crostacei. Nel latte e nei suoi derivati, ma anche in organi come cervello e fegato, è comune trovare PCB.

L’esposizione alimentare a inquinanti organici persistenti è stata associata a fattori di rischio cardiovascolare nell’uomo. All’interno della SUN (Seguimiento Universidad de Navarra), diversi studi hanno dimostrato che i livelli di PCB ottenuti dall’assunzione con la dieta erano associati a un rischio più elevato di sviluppare ipertensione e obesità.

Allo stesso modo, altri studi hanno mostrato un’associazione tra esposizione alimentare ai PCB e aterosclerosi coronarica, insufficienza cardiaca, diabete di tipo 2 e mortalità per malattie cardiovascolari, tra gli altri.

Recentemente, i ricercatori dell’Università di Navarra e del CIBER for Obesity and Nutrition (CIBEROBN) hanno confermato che un’elevata esposizione agli inquinanti organici persistenti (PCB) attraverso la dieta potrebbe anche accelerare l’invecchiamento cellulare. La ricerca, basata su 886 volontari di età superiore ai 55 anni, è stata appena pubblicata sulla rivista Nutrients e ha dimostrato che questi inquinanti portano ad un accorciamento dei telomeri. Queste regioni del DNA non codificanti si trovano alle estremità dei cromosomi e la loro lunghezza, oltre a riflettere l’aspettativa di vita, indica lo stato di salute generale. E il rischio di malattie croniche.

Sebbene siano ora necessari ulteriori studi longitudinali per corroborare ciò, la ricerca evidenzia l’influenza dello stile di vita e, in particolare, della dieta sull’integrità del materiale genetico o del DNA.

Autore

Amelia Marti del Moral, Lucía Alonso-PedreroUniversità di Navarra