Sapendo che gli effetti del cambiamento climatico si fanno sentire già da diversi anni: da episodi di incendi di portata senza precedenti in alcune regioni, alle inondazioni in altre aree.
Le specie non sono immuni da questi disturbi: è quanto sottolineano i ricercatori ecologici di tutto il mondo nella documentazione dell’IPBES, l’equivalente dell’IPCC per gli ecologisti. Diminuzioni drammatiche del numero, soprattutto degli insetti, sono state osservate in tutto il mondo, anche in regioni apparentemente incontaminate.
Le proiezioni per il futuro non sono più rassicuranti: studi volti a prevedere gli effetti del cambiamento climatico suggeriscono che ci saranno vincitori e vinti, ma soprattutto vinti, per non parlare delle interruzioni che il proliferare di questi “potrebbe rappresentare” vincitori”.
Se l’idea di contenere il riscaldamento a 2°C sta prendendo piede, questa limitazione resta insufficiente, come evidenziato a maggio 2019 da uno studio pubblicato sulla rivista di riferimento Climate Change.
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Un effetto più forte ai tropici
Come puoi vedere, il cambiamento climatico rischia di costarci caro, anche nelle nostre regioni dove il clima è temperato. Tuttavia, sempre più studi hanno mostrato un gradiente nell’intensità di questi effetti sulle specie. Più ci si avvicina all’equatore, più questi effetti sono accentuati. È il caso degli uccelli in Europa, le cui popolazioni più meridionali diminuiscono più di quelle che vivono più a nord.
Lo stesso fenomeno si osserva nelle montagne americane, dove gli uccelli vengono per la freschezza in quota, ma soprattutto ai tropici.
Questo gradiente è stato osservato anche sulla dimensione corporea dei passeriformi francesi.
Specie più vicine alla soglia di tolleranza
Come spiegare un fenomeno del genere? Le specie e le popolazioni più meridionali non si adatterebbero ai climi più caldi? Certo che si. Tuttavia, il caldo e la siccità rimangono i principali vincoli in queste regioni. Un riscaldamento, ad esempio nella regione mediterranea, comporterà un aumento dell’aridità, riducendo a sua volta la crescita delle piante, che costituiscono la base della catena alimentare.
Più calore, più aridità, meno piante, meno insetti, meno cibo per gli uccelli. Va bene, ma ai tropici, dove il clima è ancora molto umido? Le specie si sono adattate a questi climi, ovviamente. Solo che il loro limite di tolleranza al calore non è molto diverso da quelli presenti nelle nostre regioni.
Le specie tropicali vivono stabilmente vicino a questo limite, quindi un leggero riscaldamento potrebbe spingerle al di fuori della loro zona di comfort fisiologico.
Previsioni allarmanti per il futuro
È possibile anticipare le conseguenze del cambiamento climatico utilizzando modelli predittivi. Dopo aver identificato le condizioni climatiche favorevoli di una specie, i ricercatori di ecologia ricorrono alle proiezioni sviluppate dai climatologi per il futuro.
In uno studio, condotto dall’Università di Porto e l’associazione malgascia Madagasikara Voakajy, questi modelli prevedono un drammatico calo delle condizioni climatiche entro il 2070 per due specie.
Si tratta di due piccoli vertebrati già fortemente minacciati: un geco (lucertola le cui dita gli permettono di aderire a tutte le superfici) che vive sull’isola di Reunion; una rana del Madagascar dai colori vivaci. Entrambi sono confinati in una regione estremamente piccola e legati a condizioni climatiche molto specifiche. Lo studio tiene conto di una varietà di fonti di incertezza, in particolare quelle relative ai diversi scenari o ai metodi utilizzati.
In ogni caso il clima diventerà sfavorevole per queste due specie, non solo nella loro attuale zona di occupazione, ma anche nel resto della rispettiva isola. Il cambiamento climatico viene quindi aggiunto all’elenco delle minacce per il loro ambiente.
Un barlume di speranza
Questi modelli suggeriscono che le condizioni climatiche ideali per queste specie non si troveranno in futuro. D’altra parte, ignorano tutto ciò che riguarda la capacità di adattamento delle specie. Alcuni potrebbero cambiare le loro abitudini per evitare i periodi più caldi. Altri trovano anche microrifugi climatici, in natura oltre che vicino alle abitazioni. È anche possibile che queste specie resistano al calore meglio del previsto.
Sono già state intraprese azioni per salvare la specie nell’isola di Reunion. L’associazione Nature Indian Ocean ha organizzato programmi per ripristinare l’habitat naturale del geco.
Questo lavoro consente già di anticipare i rischi associati ai cambiamenti climatici, favorendo le popolazioni esistenti, che aumenteranno notevolmente le loro possibilità di adattamento.
Ma che senso ha, direte, se il clima non è più favorevole in futuro? Proprio lo studio predittivo ha consentito di individuare con precisione le aree in cui le condizioni saranno meno dannose per la specie. Questi risultati guideranno i professionisti della conservazione nelle loro specifiche e aiuteranno a mantenere o creare habitat che costituiranno una terra ospite per questa piccola lucertola in pericolo di estinzione.
Questo studio è stato condotto solo su due specie, mancano i dati, ma queste cupe previsioni potrebbero benissimo avverarsi per molte specie tropicali. Un ulteriore campanello d’allarme in un mondo già surriscaldato…
Autore
Nicolas Dubos, Museo Nazionale di Storia Naturale (MNHN)