Spinto dall’entusiasmo attorno all’economia circolare, il riciclo è in forte espansione. Portando con sé la promessa di un modello funzionante a ciclo chiuso e caratterizzato da indipendenza rispetto a risorse minerarie dal bilancio ecologico spesso criticato, il riciclo moltiplica i suoi vantaggi teorici sulla carta.
Questo apporto di metalli riciclati, detti secondari, si sostituisce infatti a una parte del fabbisogno finora assicurato dalle miniere (metalli primari), permettendo di evitare i rifiuti e le contaminazioni associati all’attività mineraria, oltre a ridurre la dipendenza dalle importazioni di metalli da paesi potenzialmente sensibili sul piano geopolitico.
Da un punto di vista energetico, una tonnellata di acciaio, alluminio o rame riciclato è inoltre meno energivora rispetto al suo equivalente primario, con risparmi energetici che vanno dal 60 al 90%. Infine, i volumi di metalli riciclati reintrodotti nel ciclo produttivo rappresentano altrettante materie che non finiranno in discarica, evitando così costi e inquinamento che avrebbero potuto generare.
Tuttavia, senza mirare a una circolarità perfetta, l’espansione del “tutto riciclato” per tutti i metalli è ben lontana dall’essere semplice e rappresenta piuttosto un percorso irto di ostacoli.
Indice
Come misuriamo il riciclo dei metalli?
Iniziamo precisando cosa si intende dietro il vasto concetto di riciclo. Esistono quattro diversi modi per valutarlo: il tasso di raccolta, l’efficienza del riciclaggio, il tasso di riciclaggio a fine vita dei materiali e il tasso di incorporazione di materia riciclata nei prodotti.
Il tasso di raccolta rappresenta le quantità di metalli effettivamente raccolte ogni anno rispetto al flusso totale che giunge a fine vita, mentre l’efficienza del riciclaggio misura la quantità riciclata rispetto alla quantità raccolta. Il prodotto di questi due ultimi tassi equivale al tasso di riciclaggio a fine vita dei materiali. Il tasso di incorporazione, invece, corrisponde alla quota di materia riciclata nel ciclo produttivo.
Ciascuno di questi indicatori ha la sua utilità. Per ridurre la quantità di rifiuti da gestire in discarica, il tasso di riciclaggio a fine vita dei materiali è più rilevante, mentre per ridurre le risorse estratte dalle miniere (e l’energia consumata associata), agire sul tasso di incorporazione di materia riciclata nei prodotti avrà maggiore incidenza.
Escludendo la possibilità di una riduzione della produzione di prodotti (o di un disaccoppiamento assoluto), avvicinarsi a un tasso di incorporazione di materiale riciclato del 100% richiede un tasso di riciclaggio a fine vita dei materiali del 100%.
Prodotti complessi
Finora, i fatti sembrano contraddire questo obiettivo. Una grande parte dei metalli non viene riciclata, o lo è molto poco: è il caso della maggior parte dei metalli minori (talvolta detti metalli rari, come il litio, il gallio o l’indio). E i metalli ben riciclati (acciaio, metalli di base e preziosi) hanno da parte loro raggiunto un plateau e non progrediscono più.
Sembra quindi che lo scenario del tutto riciclato si scontri con la realtà di prodotti che sono spesso complessi (numero di componenti ed elementi), vari e le cui concentrazioni di metalli – che incidono sia sui costi che sui ricavi dei riciclatori – non sono sempre favorevoli rispetto alla miniera tradizionale.
La varietà dei prodotti e dei componenti complica l’installazione di linee di riciclaggio adeguate e la loro massificazione, tanto più che la breve durata tecnologica di alcuni prodotti può rendere rapidamente obsoleto il modello di riciclaggio precedentemente valido.
Ad esempio, la rapida sostituzione delle lampade fluorescenti compatte con il loro equivalente a LED ha messo fine in pochi anni alle sperimentazioni di riciclaggio delle terre rare dalle prime, poiché i flussi di rifiuti trattabili sono destinati a esaurirsi rapidamente.
Condizioni economiche talvolta sfavorevoli
Inoltre, il prezzo dei metalli e, soprattutto, la sua volatilità non rappresentano sempre un terreno favorevole per l’implementazione di catene di riciclaggio, poiché ciò accentua l’incertezza sui ricavi. Anche quando i prezzi dei metalli raggiungono livelli elevati, vari studi passati hanno dimostrato la scarsa reazione dell’offerta secondaria di metalli ai prezzi.
Sul versante dei costi, l’estrazione dalla “miniera urbana” non rappresenta necessariamente un eldorado economico, soprattutto per quanto riguarda la concentrazione dei metalli minori. Per questi ultimi, le concentrazioni nella miniera urbana sono spesso molto inferiori rispetto a quelle della miniera tradizionale. Associati a prezzi medi, rappresentano solo una frazione dei ricavi estraibili, per cui non sorprende che i metalli minori non siano presi di mira dai riciclatori.
Altri studi hanno dimostrato che la riduzione a monte delle quantità di metalli, in particolare preziosi, nei prodotti elettronici (in particolare attraverso la miniaturizzazione) ha reso molto meno attraente il modello di riciclaggio. Si tratterebbe dunque di un compromesso tra prodotti complessi con basse concentrazioni di metalli (e quindi economi in termini di metalli) ma poco riciclabili, e prodotti più semplici ma più ricchi di metalli e quindi meglio riciclabili. Il primo R dell’economia circolare (cioè ridurre) tenderebbe così a soppiantare il suo ultimo R (riciclare).
Effetti simili sono stati osservati per i pannelli fotovoltaici, le cui ridotte dimensioni (e concentrazione) avrebbero effetti sfavorevoli sul riciclaggio dei metalli contenuti.
Vincoli multipli
Infine, esistono anche altri ostacoli, troppo lunghi da approfondire qui, di natura tecnologica, culturale e giuridica, che limitano il raggiungimento del “tutto riciclato”.
Una cattiva reazione di fronte a queste osservazioni sarebbe quella di squalificare l’interesse del riciclaggio. Al contrario, il riciclaggio dovrà far parte integrante di un modello economico più sostenibile sia dal punto di vista delle risorse sia dell’ambiente.
Come ricordano continuamente gli esperti di scienze ambientali, il riciclaggio è comunque solo una piccola parte della soluzione, e la sua massimizzazione è complessa, difficile e talvolta incompatibile con altre leve dell’economia circolare. La ricerca ha quindi ancora del lavoro da fare per comprendere meglio come superare questi vincoli e proporre nuovi modelli più sostenibili.