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Come fa il Sole a bruciare se non c’è ossigeno nello spazio?

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Questa stessa domanda è stata posta da grandi scienziati in passato. Si potrebbe formulare diversamente: da dove trae energia il Sole?

Ebbene, il fisico e matematico britannico William Thomson, divenuto lord –Lord Kelvin–, scrisse una serie di articoli su questo argomento intorno al 1862. Thomson si rese conto che l’energia della nostra stella non poteva provenire dalla combustione, una reazione chimica in cui una sostanza (combustibile) si unisce all’ossigeno per formare un nuovo composto, rilasciando luce e calore nel processo.

Ad esempio, se il Sole fosse fatto di carbonio, si consumerebbe in soli 5.000 anni, un “sospiro” in termini astronomici.

I conti non tornano

Il resoconto è relativamente semplice: la Terra riceve dal Sole più di mille watt per metro quadrato. L’energia totale fornita dalla stella è quella quantità moltiplicata per l’area di una sfera di raggio equivalente all’orbita terrestre, circa 150 milioni di chilometri.

Immaginiamo ora che il Sole sia fatto di carbone ardente. Questo carburante fornisce circa 26 milioni di joule – l’unità internazionale di energia – per chilogrammo. Pertanto, la stella brucerebbe circa 14×10¹⁸ (cioè 14 seguito da 18 zeri) chilogrammi al secondo. Poiché la massa del sole è di circa 2×10³⁰ kg, il carbonio verrebbe esaurito in quei brevi 5.000 anni.

La conclusione è che la combustione non può essere l’origine dell’energia solare. E non importa se parliamo di carbone o di qualunque altro combustibile: otterremmo un valore un po’ più alto o un po’ più basso, ma l’ordine di grandezza sarebbe lo stesso.

Inoltre, possiamo escludere qualsiasi reazione chimica come origine della luce e del calore che raggiungono la Terra, poiché le energie fornite da queste reazioni sono, al massimo, dell’ordine di 100 milioni di joule per chilogrammo di reagente. I conti non tornano.

Lord Kelvin (calcolò male) l’età del Sole e mise sotto controllo Darwin

In definitiva, la risposta più diretta alla domanda è che il Sole non ha bisogno dell’ossigeno per generare la sua energia perché non proviene dalla combustione o da qualsiasi altra reazione chimica.

Thomson e altri scienziati del suo tempo considerarono altre possibilità. Ad esempio, l’energia proveniva dalla continua caduta di meteoriti sulla superficie della nostra stella. Ma il numero di meteoriti necessari per generare tutto il calore che emette era incompatibile con le osservazioni.

Escluso questo meccanismo, Thomson propendeva per un’ipotesi già proposta dal suo collega tedesco Hermann von Helmholtz: che il Sole si contrarrebbe a causa della sua stessa gravità e l’attrito genererebbe il calore necessario.

Basandosi su questa idea, Thomson calcolò che la stella avrebbe l’energia necessaria per brillare per circa 20 milioni di anni. Questi numeri erano in contraddizione con l’età stimata dai geologi per la Terra, che era molto più antica. E invalidarono anche la teoria di Charles Darwin, alla quale Kelvin si oppose, poiché 20 milioni di anni non sembravano sufficienti per l’evoluzione delle specie. La discrepanza venne risolta solo molto tempo dopo.

Enigma risolto: l’energia irradiata dal Sole è di origine nucleare

Allora, da dove prende il Sole l’energia che espelle all’esterno? Quando il fisico francese Henri Becquerel scoprì la radioattività (l’emissione di particelle subatomiche da parte di un nucleo atomico) nel 1903, si presentò una nuova possibilità: l’energia nucleare. Ma ci sono voluti diversi decenni per svelare le leggi della fisica nucleare.

Oggi sappiamo che l’energia del Sole è prodotta attraverso la fusione nucleare. Nello specifico, quando quattro nuclei di atomi di idrogeno (protoni) si uniscono per produrre un nucleo di un altro elemento: l’elio. Nel processo emergono anche due particelle subatomiche, chiamate positroni e neutrini, oltre a 26,73 MeV di energia (un MeV è un megaelettronvolt, l’unità utilizzata nell’energia nucleare).

Tuttavia, questa reazione non si produce in un solo passaggio, poiché è estremamente improbabile che quattro protoni vengano colpiti simultaneamente. I fisici Hans Bethe e Carl von Weizsäcker studiarono indipendentemente il problema nel 1938 e scoprirono che era stato fatto per fasi, grazie a due meccanismi: il ciclo protone-protone e il ciclo del carbonio-azoto-ossigeno. Il primo è quello che permette di brillare al Sole, mentre il secondo predomina nelle stelle più massicce di lui.

L’energia fornita nel gioco in una reazione nucleare, come la fusione dell’idrogeno per produrre elio, è un milione di volte di una reazione chimica, sufficiente affinché il Sole illumini il firmamento una quantità di tempo inimmaginabile.

Oggi si stima che la stella che ci fornisce luce e calore abbia circa 4,6 miliardi di anni, e continuerà a brillare per miliardi di anni ancora.