Onde gravitazionali

Onde gravitazionali: il canto silenzioso dei buchi neri

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I buchi neri ballano, e quando ballano, lo fanno in coppia. Questa è anche la norma nell’Universo: la maggior parte delle stelle si evolvono nei cosiddetti sistemi binari, formati da due oggetti che orbitano l’uno intorno all’altro.

Non solo ballano, ma mentre ballano i buchi neri cantano. Questa singolare canzone non assume la forma di suono, luce o altre onde elettromagnetiche.

Un vero e proprio canto, codificato nelle cosiddette onde gravitazionali, che permette di identificare i minimi dettagli dei buchi neri che gli corrispondono e della loro danza orbitale: alla maniera dell’ornitologo che riconosce nel canto degli uccelli la loro specie e le loro caratteristiche, gli astrofisici estraggono dalle onde gravitazionali le proprietà di ciascuno dei buchi neri e la loro orbita.

Disturbo nella curvatura dello spazio-tempo

L’esistenza di queste onde, estremamente difficili da rilevare, fu prevista da Albert Einstein nel 1916, subito dopo la sua formulazione della relatività generale, che altro non è che la descrizione teorica che usiamo oggi per spiegare la gravità. Questa teoria spiega il fenomeno gravitazionale in termini di quella che viene definita “curvatura dello spazio-tempo“.

Le onde emesse dalle binarie dei buchi neri, di natura gravitazionale, sono quindi disturbi di questa curvatura dello spazio-tempo che si propagano sul tessuto spazio-tempo. Simili alle onde in uno stagno, che sono disturbi della superficie dell’acqua mentre si propagano su di essa.

Il 14 settembre 2015, l’antenna gravitazionale di Ligo ha rilevato direttamente queste onde per la prima volta. Da allora, una cinquantina di rilevazioni si sono succedute fino ad oggi, dando inizio ad una vera e propria nuova tappa nello studio dell’Universo: l’astronomia delle onde gravitazionali.

Un’operazione simile a quella delle maree

Ma descrivere queste onde come disturbi della curvatura dello spazio-tempo è piuttosto criptico. Un approccio più intuitivo utilizza la nozione più familiare della marea, compreso l’innalzamento e l’abbassamento degli oceani due volte al giorno.

Questi sono prodotti per l’azione gravitazionale della Luna e del Sole, che deformano la superficie degli oceani in una sorta di ellissoide.

Data una posizione relativa della Terra-Luna-Sole (che definisce quello che viene chiamato un “giorno in un mese”), questa deformazione ellissoidale degli oceani è “stazionaria“, vale a dire che la sua forma non cambia. È la rotazione della Terra, la cui crosta (più rigida) non è deformata dalle maree, che fa passare una data costa due volte al giorno attraverso un urto dell’ellissoide d’acqua (alte maree) e due volte al giorno da un trogolo (bassa marea).

Questo è il tipico fenomeno delle maree.

Onde gravitazionali come maree che si propagano

Cosa accadrebbe se, all’improvviso, il Sole e la Luna non ci fossero più? Gli oceani non avrebbero più motivo di deformarsi e riprenderebbero una forma più sferoidale.

Ma questo processo è soggetto a due vincoli: da un lato, l’informazione della scomparsa della Luna e del Sole deve propagarsi a velocità finita (nulla può viaggiare più veloce della luce, secondo la relatività ristretta di Einstein).

Una “onda gravitazionale” è il fenomeno fisico che informa i cambiamenti di una sorgente gravitazionale (nell’esempio, la Luna e il Sole) mediante un segnale che si propaga a velocità finita e che induce oscillazioni nella forma dei corpi che viene trovato sulla sua strada.

In senso letterale, le onde gravitazionali sono maree dinamiche che si propagano nello spazio. Questa canzone gravitazionale è una canzone “silenziosa”, si esprime attraverso i cambiamenti di “forme”.

Le origini delle onde gravitazionali

Quali sono i sistemi fisici che producono queste maree in propagazione? In altre parole, quali sono le “sorgenti” di queste onde? La risposta è semplice: qualsiasi sistema la cui “forma” cambia nel tempo è una sorgente di onde gravitazionali. Potrei essere io che agito rapidamente le braccia o un sistema binario di oggetti astrofisici compatti.

Questo porta ad un apparente paradosso: se qualche sistema che si deforma nel tempo emette queste onde, perché non siamo circondati da queste maree che a loro volta deformano qualsiasi oggetto trovato sul loro cammino? In realtà ci sono, ma troppo deboli per essere percepibili. Questo è il mio caso quando agito le braccia. Solo oggetti molto massicci o con velocità paragonabili a quella della luce, sono in grado di produrre segnali apprezzabili, come il sistema binario degli oggetti compatti.

Pertanto, dobbiamo guardare oltre la Terra per identificare le fonti giuste. Ed è qui che entrano in gioco i buchi neri binari, con le loro grandi masse e velocità orbitali vicine a quella della luce.

Rompi il silenzio gravitazionale

Torniamo ora alla nostra affermazione iniziale che ha avanzato la capacità dei binari dei buchi neri di “cantare”.

Infatti, tutte le stelle binarie “cantano” gravitazionalmente, ma solo quelle costituite da oggetti molto compatti (buchi neri, stelle di neutroni, nane bianche) cantano “abbastanza forte”. Gli altri fanno risuonare la loro melodia troppo “bassa” per essere rilevata: se tutti i canti dei sistemi binari sono “silenti”, alcuni lo sono più di altri…

È dunque grazie a un vero e proprio tour de force tecnologico che gli astrofisici sono riusciti a rompere questo “silenzio gravitazionale”. Lo sviluppo degli interferometri laser, vere antenne gravitazionali, ha permesso la rilevazione diretta di queste onde e l’accesso alle loro informazioni astrofisiche e cosmologiche.

Una rete di interferometri sulla Terra

Questi interferometri sono formati da due “braccia” perpendicolari della stessa lunghezza, soggetti ad oscillazioni (stiramento e compressione) quando un’onda gravitazionale li attraversa. L’“interferometria” ottica permette di misurare con estrema precisione la variazione relativa della lunghezza di questi bracci, individuando così il passaggio di un’onda.

Poiché queste onde gravitazionali sono fenomeni di marea e il loro effetto è tanto più forte quanto più grande è la dimensione dell’oggetto deformato, i bracci degli interferometri sono lunghi diversi chilometri (4 km a LIGO negli Stati Uniti).

Oggi esiste una vasta rete di interferometri sulla Terra, il cui funzionamento simultaneo è cruciale per l’analisi di queste onde. Per studiare gli oggetti più massicci, come i buchi neri nei centri galattici, sarà necessario costruire interferometri nello spazio, che è il cuore del programma spaziale Lisa. Ora abbiamo orecchie interferometriche per ascoltare e decifrare il silenzioso canto gravitazionale. E la sua melodia è ricca.

Un importante campo di ricerca

La scoperta delle onde gravitazionali è stato un evento scientifico di prim’ordine che ha portato al Premio Nobel per la Fisica 2017. In effetti, lo studio della gravità sta vivendo un momento particolarmente dolce: tre degli ultimi cinque Premi Nobel sono stati assegnati per ricerche condotte nell’ambito della gravitazione.

Nel 2017 sono state premiate le onde gravitazionali, e nel 2019 la svolta della cosmologia fisica e la scoperta degli esopianeti. Il Premio Nobel 2020 ha dedicato la previsione teorica dei buchi neri e la sua osservazione diretta ai centri galattici.

Al momento, la sinergia tra diverse discipline sta aprendo nuovi orizzonti in cosmologia, astrofisica e fisica fondamentale. In cambio, l’universo gravitazionale ci canta la sua melodia per rivelarci i suoi misteri.

Autore

José Luis Jaramillo, University Professor, Burgundy Institute of Mathematics (IMB), University of Burgundy – UBFC