Immagine in falsi colori utilizzando i dati di James Webb. La galassia lente è mostrata in blu, mentre la galassia ingrandita (o galassia bersaglio) è mostrata in rosso

James Webb rileva molecole organiche vicino al Big Bang

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Il telescopio James Webb ha aperto un nuovo modo di guardare a ciò che è accaduto poco dopo il Big Bang e la nascita delle prime galassie. Ora, grazie alle loro osservazioni, un team internazionale di astrofisici guidati dall’Università del Texas ha appena rilevato la galassia più distante con la presenza di molecole organiche complesse, una scoperta impressionante pubblicata sulla rivista Nature.

Si tratta di idrocarburi policiclici aromatici (IPA), minuscole molecole di polvere ampiamente conosciute sul nostro pianeta. Questi sono generati come sottoprodotti della combustione incompleta, come nella torrefazione del caffè, e si ritiene che svolgano un ruolo cruciale nei componenti organici più complessi essenziali per la vita.

Immagine in falsi colori utilizzando i dati di James Webb. La galassia lente è mostrata in blu, mentre la galassia ingrandita (o galassia bersaglio) è mostrata in rosso. J. Spilker / S. Doyle, NASA, ESA, CSA
Immagine in falsi colori utilizzando i dati di James Webb. La galassia lente è mostrata in blu, mentre la galassia ingrandita (o galassia bersaglio) è mostrata in rosso. J. Spilker / S. Doyle, NASA, ESA, CSA

Avviso: stanno nascendo le stelle

Le molecole PAH suscitano grande interesse in astronomia per la loro capacità di tracciare le regioni di nuova formazione stellare nell’universo. Quando gli IPA sono illuminati dalla luce delle giovani “stelle”, emettono bande estremamente luminose nella gamma dell’infrarosso che possono essere rilevate con un’adeguata strumentazione. Questa caratteristica le rende uno strumento fondamentale per studiare la formazione di nuove stelle nelle galassie vicine e lontane.

Fino ad ora, lo studio delle molecole PAH nelle galassie è stato limitato a località relativamente vicine a causa della limitata sensibilità degli strumenti disponibili. Tuttavia, James Webb sta cambiando drasticamente questa prospettiva. Appositamente progettato per osservare la gamma infrarossa dello spettro elettromagnetico, è il più grande e complesso telescopio mai lanciato nello spazio e possiede un’eccezionale capacità di raccogliere la luce. Molto più grande dei suoi predecessori.

Il suo lancio sta rivoluzionando il campo dell’astrofisica extragalattica permettendoci di studiare galassie estremamente distanti, anche vicine al Big Bang. Inoltre, ci offre un’opportunità unica per indagare in dettaglio le regioni più interne delle galassie vicine.

Il James Webb ha già dimostrato la sua capacità di caratterizzare le proprietà delle molecole PAH vicino ai buchi neri supermassicci nelle galassie locali, e ora ci permette di rilevarli nelle primissime fasi dell’universo.

Un vistazo a la infancia del universo

In questo nuovo studio, l’astronomo Justin S. Spilker e il suo team hanno rilevato gli IPA in una galassia a più di 12 miliardi di anni luce di distanza; cioè, quando il nostro cosmo era solo a un decimo della sua età attuale.

In particolare, questo lavoro mostra la rilevazione della banda di 3,3 micron, che è correlata ai più piccoli PAH (meno di 100 atomi di carbonio) e neutri, escludendo così la presenza di un forte campo di radiazione in quella galassia.

Questa svolta scientifica è stata possibile grazie a una combinazione eccezionale. Da un lato, l’ottima sensibilità di James Webb e, dall’altro, l’aiuto decisivo di un fenomeno chiamato gravitational lensing.

La galassia osservata da James Webb mostra un anello di Einstein formato da un fenomeno chiamato lente gravitazionale
La galassia osservata da James Webb mostra un anello di Einstein formato da un fenomeno chiamato lente gravitazionale. Ciò si verifica quando due galassie sono perfettamente allineate con la nostra prospettiva dalla Terra. La gravità della galassia lente produce un ingrandimento della luce che osserviamo dalla galassia di sfondo (galassia bersaglio). Questo ingrandimento permette di studiare galassie molto più distanti grazie a queste “lenti d’ingrandimento cosmiche”. S. Doyle / J. Spilker

Predetto da Albert Einstein, questo fenomeno si verifica quando due galassie si allineano in modo tale che, dal punto di vista dell’osservatore, la galassia di sfondo (o galassia bersaglio) viene ingrandita a causa dell’influenza gravitazionale della galassia lente. In altre parole, quest’ultima funge da “lente d’ingrandimento cosmica“, amplificando la luce che osserviamo e formando una caratteristica forma ad anello.

Le lenti gravitazionali ci permettono di vedere in dettaglio galassie molto distanti che non sarebbe possibile studiare senza di esse. In questo caso, il fattore di amplificazione è 30.

È stato trovato del fumo, ma c’è un incendio?

I PAH, molto diffusi nello spazio, sono eccezionali “rivelatori” di nascita stellare. La velocità con cui una galassia attiva crea nuove stelle, così come il numero e la distribuzione di queste, ci permettono di sapere come le galassie consumano il loro principale combustibile per crescere: il gas. Questo gas è in gran parte consumato dalle stelle e, quando presenti, dai buchi neri supermassicci.

È importante notare che anche gli IPA possono essere influenzati da tali buchi neri. Ciò presenta alcune limitazioni nell’uso di queste molecole per misurare con precisione il tasso di formazione stellare in una galassia. Tuttavia, Spilker e i suoi collaboratori sono stati in grado di escludere la presenza di un buco nero dominante in questa galassia, poiché i suoi PAH non sono influenzati da forti campi di radiazioni.

Uno dei risultati più significativi è che la distribuzione delle molecole di PAH e le regioni che formano nuove stelle non sono le stesse. Cioè, sono state osservate regioni in cui sono presenti PAH ma nessuna creazione stellare recente, e viceversa. Questa scoperta suggerisce che il mezzo interstellare nelle prime fasi dell’universo potrebbe differire in modo significativo da ciò che osserviamo in un cosmo più maturo, come quello che vediamo oggi.

Nelle stesse parole di Spilker, “ora che sappiamo di aver rilevato queste molecole a grandi distanze, il passo successivo è capire se è vero che dove abbiamo fumo (molecole PAH) c’è fuoco (formazione stellare)”.

I loro risultati sottolineano l’importanza di ulteriori studi su galassie lontane. Questo ci aiuterà a capire fino a che punto gli IPA possono essere usati come indicatori della formazione di nuove stelle nell’Universo primordiale, dove i processi fisici e chimici possono essere diversi da quelli che vediamo nelle galassie locali.

Autore

Ishmael Garcia-BerneteUniversità di Oxford