Rappresentazione artistica del telescopio Einstein.

Einstein Telescope, un rivelatore di onde gravitazionali in Europa

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Le onde gravitazionali furono previste nel 1916 da Albert Einstein: furono allora una logica conseguenza della sua nuova teoria della gravitazione, la relatività generale.

Ma queste minuscole distorsioni dello spaziotempo sono rimaste a lungo un concetto astratto. Fu solo dopo la conferenza di Chapel Hill negli Stati Uniti nel 1957 che gli scienziati presero in considerazione la possibilità di rilevarli. I primi studi sui rivelatori videro la luce solo nel decennio successivo: “barre risonanti” poi furono proposti interferometri sempre più grandi per essere sempre più sensibili.

Se questo principio di rivelazione ha effettivamente dimostrato tutta la sua potenza durante l’ultimo decennio, cento anni dopo la previsione di Einstein, oggi ci troviamo nuovamente di fronte alla sfida di aumentare la sensibilità – e quindi la dimensione – dei rivelatori di onde gravitazionali, per sondare l’universo ulteriormente, in modo più completo e più preciso.

Indice

Le imprese dei rilevatori di onde gravitazionali

Solo nel 2015 sono state rilevate le prime onde gravitazionali. Quindi, nell’agosto 2017, quando i satelliti hanno rilevato un “lampo” di raggi gamma (fotoni più energetici di quelli nella luce visibile), questi rivelatori hanno catturato congiuntamente segnali da una fusione di due stelle di neutroni. Grazie alla loro rete, possono determinare la posizione precisa di questo grande evento cosmico e indicare ai telescopi tradizionali dove puntare per osservare le conseguenze della fusione.

Con questo evento, soprannominato GW170817, è nata l’astronomia multi-messaggero!

Tra il 2015 e marzo 2020, sono stati rilevati 90 segnali di onde gravitazionali: tutti riflettono fusioni di due stelle compatte, buchi neri e/o stelle di neutroni. Il rapido aumento del numero dei rilevamenti riflette la strategia seguita da quasi trent’anni: un’alternanza di campagne di raccolta dati e fasi di miglioramento degli strumenti per renderli più sensibili. Questo processo sta attualmente continuando con l’avvio, il 24 maggio 2023, di una nuova raccolta dati congiunta, che vede il rilevatore giapponese KAGRA aggiunto a quelli di LIGO e Virgo.

Onde gravitazionali generate da un sistema binario. La deformazione avviene in un piano perpendicolare alla direzione di propagazione dell'onda. Fonte: Nicolas Douillet, Wikipedia
Onde gravitazionali generate da un sistema binario. La deformazione avviene in un piano perpendicolare alla direzione di propagazione dell’onda. Fonte: Nicolas Douillet, Wikipedia

Tuttavia, questa modalità di funzionamento non può continuare all’infinito: tra qualche anno sarà l’infrastruttura degli strumenti (geografia dei siti, edifici costruiti, ecc.) a limitarne l’avanzamento.

Per andare oltre, è necessario costruire nuovi rivelatori. Il futuro “Einstein Telescope” europeo e il “Cosmic Explorer” americano si baseranno sullo stesso principio degli strumenti LIGO e Virgo, ma dovranno affrontare molteplici sfide tecnologiche per guadagnare un fattore dieci in sensibilità al fine di rilevare sorgenti a distanze dieci volte maggiori di quanto si fa oggi.

Pertanto, in ottima forma, il telescopio Einstein dovrebbe rilevare milioni di sorgenti ogni anno. Tra questi, diverse migliaia saranno visibili anche da telescopi “convenzionali”, che osservano la luce visibile e invisibile (onde radio, infrarossi, raggi X, raggi gamma). Nel caso di una fusione di due stelle di neutroni (come GW170817), sarà addirittura possibile determinare il momento della coalescenza con diverse ore di anticipo e puntare i telescopi che osservano il cielo in diversi intervalli di lunghezze d’onda elettromagnetiche nella giusta direzione da seguire tutte le fasi del fenomeno.

Osservando in dettaglio gli eventi più energetici dell’Universo

Queste osservazioni multi-messaggero miglioreranno la nostra comprensione dell’Universo e della sua storia. Tra tutti gli studi resi possibili da questa abbondanza di rilevamenti, possiamo citare tre esempi a cui la comunità scientifica francese, che si è formata attorno al progetto Einstein Telescope, è interessata.

  • Comprensione dei lampi di raggi gamma, che sono tra gli eventi più energetici osservati nell’Universo;
  • lo studio della materia nucleare che compone le stelle di neutroni e l’importanza delle loro fusioni nella produzione di elementi chimici pesanti nell’Universo;
  • e infine test precisi della relatività generale in condizioni estreme non possibili sulla Terra, ad esempio molto vicino all’orizzonte dei buchi neri.

Questa abbondanza di rilevamenti consentirà di studiare le diverse popolazioni di sorgenti di onde gravitazionali e persino la loro “evoluzione demografica” tra la prima generazione di stelle nell’Universo, nata più di 13 miliardi di anni fa, e oggi.

Osservare questo lontano passato sarà uno strumento prezioso per comprendere meglio la formazione delle prime stelle. Getterà anche nuova luce sulla materia oscura e metterà alla prova, ad esempio, l’ipotesi che sia costituita da buchi neri primordiali, presenti molto presto nella storia dell’Universo.

I nuovi rilevatori di onde gravitazionali saranno più sensibili

Fenomeni che limitano la sensibilità dei rivelatori di corrente sono il rumore sismico a frequenze molto basse (al di sotto di pochi hertz), il rumore termico delle superfici degli specchi o dei fili che li sospendono (cioè agitazione microscopica degli atomi che li compongono), ed infine il incertezza sul basso numero di fotoni rilevati all’uscita di un rivelatore interferometrico di onde gravitazionali.

Per ovviare a questi vari problemi sarà necessario costruire rivelatori di dimensioni maggiori, o addirittura duplicarli perché l’esperienza acquisita sugli strumenti attuali dimostra che è molto difficile ottimizzarli contemporaneamente per le sorgenti “massicce”, rilevate a basse frequenze, e per sorgenti “più leggere” che emettono onde gravitazionali a frequenze più alte.

Pertanto, l’attuale progetto Einstein Telescope (che sicuramente si evolverà nei prossimi anni) prevede bracci di 10 chilometri per i rivelatori. Questi saranno sepolti a circa 150 metri sotto terra perché il rumore sismico è meno forte in profondità che in superficie. Poiché sono necessari diversi rivelatori per localizzare una sorgente di onde gravitazionali nel cielo, l’Einstein Telescope non sarà un unico strumento – come lo è oggi il rivelatore Virgo per l’omonima collaborazione. Sarà formato da tre strumenti sullo stesso sito, disposti a formare un triangolo equilatero: ogni strumento sarà centrato su uno dei vertici del triangolo e i suoi bracci si estenderanno lungo i due lati adiacenti del triangolo. Infatti ogni strumento verrà duplicato (per un totale di sei rivelatori), come spiegato sopra.

Einstein Telescope: come trasformare il progetto in realtà

Il progetto “Einstein Telescope” è attualmente in fase preparatoria finanziato dalla Commissione Europea, che dovrebbe durare quattro anni, dal 2022 al 2025. Consentirà di definire nel dettaglio le configurazioni dei vari rivelatori, di individuare le aree che richiedono che le attività di ricerca e sviluppo vadano oltre le tecnologie attuali e selezionino il sito ospite dell’esperimento.

Dopo l’approvazione definitiva del progetto e del suo finanziamento, la fase di costruzione e messa in servizio dei vari interferometri sarà spalmata su un periodo di circa dieci anni. Oggi, due siti sono candidati ad ospitare questa nuova infrastruttura di ricerca di base. Il primo è nei Paesi Bassi vicino alla città di Maastricht e uno dei vertici del triangolo si troverebbe in Belgio. La seconda, la vecchia miniera di Sos Enattos, si trova in Sardegna, nel comune di Lula. Per ogni sito è in corso uno studio approfondito per studiarne la stabilità sismica, le proprietà meccaniche delle rocce che lo compongono, la quantità di acqua che si è infiltrata nel sottosuolo e che dovrà essere estratta.

Passare da una situazione come quella odierna, in cui i segnali sono rari, a un regime in cui i rilevamenti sono permanenti e spesso sovrapposti, cambia completamente i paradigmi che stanno alla base strategie di analisi, sia per astrofisica, cosmologia, fisica nucleare o test per la relatività generale.