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Il cervello umano è cresciuto negli ultimi decenni: significa che siamo più intelligenti?

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L’evoluzione ha dotato l’uomo di un cervello di grandi dimensioni, con un volume compreso tra 1.200 e 1.400 cm³. Anche se ci sono animali, come il capodoglio, che possono raggiungere dimensioni molto grandi in termini assoluti (8.000 cm³), bisogna considerare la proporzione rispetto al resto del corpo.

In questo senso, l’uomo è senza dubbio l’essere vivente con il cervello più grande, cinque volte più grande rispetto alla dimensione corporea. Questo fatto è stato tradizionalmente associato a una maggiore intelligenza e a migliori capacità cognitive più elevate.

Col passare del tempo, il nostro cervello continua a crescere o abbiamo già raggiunto il nostro limite?

Ebbene, sembra essere la prima: dalla suddetta ricerca è emerso che le persone nate negli ultimi anni hanno cervelli notevolmente più grandi rispetto a quelli delle generazioni precedenti.

Per scoprirlo, gli scienziati hanno eseguito la risonanza magnetica su 3.226 persone, donne (53%) e uomini (47%) di età compresa tra 45 e 74 anni. Confrontando le immagini dei volontari nati tra gli anni ’30 e gli anni ’70, hanno scoperto che, in media, il cervello dei partecipanti degli anni ’70 aveva un volume più grande del 6,6% rispetto a quello dei soggetti venuti al mondo quarant’anni prima, senza differenze significative tra loro uomini e donne.

La crescita interesserebbe aree importanti come la sostanza bianca – una rete di assoni mielinizzati che consentono la comunicazione tra le diverse aree all’interno e all’esterno del sistema nervoso –, la materia grigia corticale – dove si svolgono la maggior parte dei processi cognitivi ed emotivi – e l’ippocampo – una struttura responsabile di varie funzioni cognitive come la memoria o la capacità di orientarsi e muoversi.

Questo addensamento potrebbe essere influenzato da diversi fattori ambientali e di sviluppo, come una migliore assistenza medica pre e postnatale, i progressi nella nutrizione, i cambiamenti nello stile di vita, un maggiore accesso all’istruzione e una maggiore stimolazione cognitiva.

Per l’intelligenza, le dimensioni (quasi) non contano

La domanda successiva che ci assale è: l’aumento delle dimensioni del cervello ci rende più intelligenti? Non proprio. Sebbene lo studio analizzi le tendenze dei volumi del cervello e la loro associazione con fattori temporali e ambientali, le dimensioni non sono necessariamente un indicatore diretto dell’intelligenza.

La teoria dell’encefalizzazione suggerisce che il tessuto cerebrale “extra” consente di dedicare più neuroni ai compiti cognitivi. E sebbene sia vero che esiste una piccola ma significativa correlazione tra le dimensioni del cervello e le prestazioni cognitive, non esiste una relazione diretta e assoluta tra i due parametri.

L’intelligenza è un costrutto sfaccettato determinato da un’ampia gamma di fattori, tra cui la genetica, l’ambiente e la salute. Inoltre, le capacità cognitive più elevate sono influenzate, tra gli altri elementi, dalla struttura e dalla connettività del cervello, dalla plasticità e dall’esperienza individuale. Le dimensioni del cervello non sono sicuramente l’unico fattore che determina l’intelligenza.

L’encefalizzazione, o relativo aumento delle dimensioni del cervello in relazione alle dimensioni del corpo, è stato un processo chiave nello sviluppo del cervello umano, ma non l’unico. Era necessaria anche una riorganizzazione dei tessuti e dei circuiti cerebrali. Pertanto, la relazione tra dimensioni e intelligenza non è lineare e le specie con cervelli più piccoli possono avere capacità cognitive più elevate rispetto alle specie con organi più grandi.

Un chiaro esempio sono gli uccelli rispetto ai primati. Il loro cervello è più piccolo rispetto al corpo, ma hanno un’elevata densità neuronale concentrata in alcune aree. Ciò consente loro di godere di alti livelli di cognizione, con abilità come pianificare il futuro o trovare schemi. Lo stesso può accadere tra diversi individui umani.

Meglio preparati ad affrontare il declino cognitivo

Ciò che questi tipi di studi sembrano indicare è che l’aumento delle dimensioni del cervello può influenzare lo sviluppo cognitivo fornendo una maggiore riserva cerebrale, riducendo potenzialmente il rischio di declino cognitivo e malattie neurodegenerative.

La ricerca scientifica suggerisce che un volume cerebrale maggiore può essere associato a una migliore salute del cervello e a una maggiore resistenza a condizioni come l’Alzheimer. Cioè, con un cervello più grande ci vorrebbe più tempo per perdere volume come conseguenza della malattia, il che potrebbe tradursi in una maggiore speranza e qualità di vita per i pazienti affetti da demenza.

Al momento, questa è solo un’ipotesi che necessita di molte più ricerche per essere confermata. Infatti, la crescita del cervello dovrebbe essere accompagnata da un miglioramento della plasticità cerebrale influenzato dal nostro ambiente. Ciò sarebbe fondamentale per elaborare più informazioni, apprendere meglio e adattarsi più facilmente alle diverse situazioni nel corso della vita.

In breve, sebbene l’aumento del volume del cervello nel corso dei decenni non si traduca direttamente in una maggiore intelligenza, offre informazioni affascinanti sullo sviluppo del nostro sistema nervoso. Questa crescita potrebbe rappresentare una sorta di “riserva cognitiva”, un vantaggio nascosto che potrebbe aiutarci a combattere malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.