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Verso l’era dei telescopi quantistici

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Per gli astronomi, una delle maggiori sfide è acquisire immagini di oggetti e fenomeni difficili da vedere utilizzando telescopi ottici (o a luce visibile). Questo problema è stato ampiamente affrontato dall’interferometria, una tecnica in cui più telescopi raccolgono la luce, che viene poi combinata per creare un’immagine più completa. Gli esempi includono l’Event Horizon Telescope, che si affida agli osservatori di tutto il mondo per catturare le prime immagini del buco nero supermassiccio (SMBH) al centro della galassia M87 e del Sagittarius A* al centro della Via Lattea.

Detto questo, l’interferometria classica richiede che vengano mantenuti collegamenti ottici tra gli osservatori, il che impone limitazioni e può portare a un drastico aumento dei costi. In un recente studio, un team di astrofisici e fisici teorici ha proposto come superare queste limitazioni affidandosi alla meccanica quantistica. Piuttosto che fare affidamento su collegamenti ottici, propongono come utilizzare il principio degli entanglement quantistici per condividere i fotoni tra gli osservatori. Questa tecnica fa parte di un crescente campo di ricerca che un giorno potrebbe portare a “telescopi quantistici“.

Lo studio è stato condotto da ricercatori del Brookhaven National Laboratory (BNL) e della Stony Brook University di New York, New York. Ulteriore supporto è stato fornito da Stephen Vintskevich, fisico teorico e ricercatore indipendente attualmente residente negli Emirati Arabi Uniti. Il documento che descrive le loro scoperte è recentemente apparso online ed è in fase di revisione per la pubblicazione sulla rivista scientifica Optica.

Nella classica interferometria di Michelson, un raggio di luce viene diviso in modo che un raggio colpisca uno specchio fisso e l’altro colpisca uno specchio mobile. Quando i raggi riflessi vengono riuniti, viene creato uno schema di interferenza. Ai fini dell’astronomia, i due fasci vengono raccolti da due telescopi separati da una certa distanza (chiamata interferometria di base). Ma nonostante la sua efficacia, l’interferometria classica è soggetta ad alcune limitazioni.

Primi test per i telescopi quantistici

Negli ultimi anni, gli scienziati hanno studiato la possibilità di utilizzare i principi quantistici per consentire l’astronomia di prossima generazione. L’idea di base è che i fotoni potrebbero essere trasferiti tra osservatori senza connessioni fisiche che sono costose da costruire e mantenere. La chiave è sfruttare l’entanglement quantistico, un fenomeno in cui le particelle interagiscono e condividono lo stesso stato quantico, nonostante siano separate da una distanza ponderata. I telescopi quantistici sono stati inizialmente proposti dai ricercatori Daniel Gottesman, Thomas Jennewein e Sarah Croke del Perimeter Institute for Theoretical Physics e dell’Institute for Quantum Computing dell’Università di Waterloo.

L’interferometro proposto dal team guidato da BNL prende in prestito caratteristiche dalla proposta Gottesman-Jennewein-Croke (GJC) e dal Narrabri Stellar Intensity Interferometer (NSII).

Il team sta attualmente sviluppando una descrizione fisica, che includa entrambe le opzioni. Questo potrebbe essere generalizzato a più stazioni e protocolli quantistici per elaborare informazioni quantistiche in un ambiente “rumoroso”. Per testare il loro concetto, il team ha costruito una versione da banco dell’interferometro a due fotoni che utilizzava una stretta linea spettrale in due lampade ad argon (per simulare due stelle). Come previsto sulla base di precedenti ricerche teoriche, il team ha notato i picchi HBT e le correlazioni dei canali e ne ha misurato la dipendenza dalla fase fotonica.

Il vantaggio principale di questa tecnica è una migliore risoluzione angolare (la capacità di discernere i dettagli negli oggetti) nei telescopi. Ma come ha spiegato Nomerotski, i benefici a lungo termine potrebbero essere incommensurabili.

Questa proposta per l’interferometria a due fotoni è una delle tante proposte per i telescopi quantistici negli ultimi anni. Altri esempi includono una proposta di un team del MIT di combinare l’interferometria con il teletrasporto quantistico per aumentare drasticamente la risoluzione degli osservatori (senza impiegare specchi più grandi). C’è anche l’idea più recente di combinare lo Stimulated Raman Adiabatic Passage (STIRAP) e l’entanglement pre-distribuito per creare un telescopio virtuale Very-Long Baseline Interferometry (VLBI) delle dimensioni del pianeta Terra.

Queste tecniche quantistiche potrebbero consentire osservazioni a lunghezze d’onda precedentemente inaccessibili e studi più dettagliati di buchi neri, esopianeti, sistema solare e superfici di stelle lontane. E mentre gli sforzi per far maturare la tecnologia alla base del calcolo quantistico continuano, le applicazioni si svilupperanno sicuramente in altri campi di ricerca (come l’astronomia quantistica).

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