Fino alla metà del XX° secolo, uno dei più importanti principi della neuroscienza ritiene che i neuroni sono prodotti solo nella fase prima della nascita, durante lo sviluppo del sistema nervoso. Pertanto, il cervello adulto potrebbe solo perderne durante l’invecchiamento. Tuttavia, già negli anni ’90, questo dogma è stato ribaltato da studi che hanno dimostrato l’esistenza di cellule staminali nel cervello di diversi organismi, come uccelli, pesci e mammiferi. Le cellule staminali sono cellule “madri” in grado di dare origine a tutti i tipi di cellule di un organismo. Possono durare fino all’età adulta in diversi tessuti o organi prima di differenziarsi, vale a dire formare cellule specifiche dell’organo considerato, in questo caso il cervello.
È ormai assodato che alcuni tipi di neuroni continuano a essere prodotti da queste cellule staminali per tutta la vita. Nei mammiferi, due particolari regioni sono interessate dal continuo rifornimento di nuovi neuroni: l’ippocampo, sede della memoria e del controllo dell’apprendimento, e il bulbo olfattivo, essenziale per decodificare le informazioni sensoriali olfattive dall’ambiente esterno.
Questo rinnovamento cellulare consentirebbe un adattamento (o “plasticità”) dei circuiti neuronali a nuove informazioni. Inoltre, le cellule staminali costituirebbero anche un serbatoio cellulare in grado di essere riattivato in un contesto patologico durante le lesioni cerebrali per reindirizzare precisamente la produzione di cellule neurali (neuroni) nella regione danneggiata.
Dietro il termine generico neurone si nasconde in realtà un’ampia varietà di tipi cellulari, con diverse morfologie e funzioni. Uno degli enigmi della neurogenesi è quindi capire come cellule staminali di aspetto simile possano generare una tale diversità di neuroni. I geni hanno un ruolo importante da svolgere in questo processo ed è quindi essenziale determinare quali sono necessari per creare quale tipo neuronale piuttosto che un altro. Questa conoscenza è particolarmente cruciale per sviluppare approcci terapeutici che consisterebbero di deviare le cellule staminali dalla loro normale funzione a quella di produrre nuovi neuroni per sostituire quelli alterati dalla patologia, nel caso ad esempio di una malattia neurodegenerativa.
Come identificare la funzione di un gene nella formazione dei neuroni?
Modificando l’attività di questo gene nelle cellule staminali, o abolendolo o aumentandolo, e osservando l’effetto della modifica sul destino delle cellule staminali: che tipo di neuroni sono poi in grado di produrre?
Nei topi è possibile introdurre un gene, o una molecola che inattiva questo gene, direttamente e precisamente in alcune cellule staminali cerebrali degli animali viventi, quelle che producono i neuroni del bulbo olfattivo. E per poter identificare le cellule così modificate, nelle stesse cellule viene introdotto contemporaneamente un gene che codifica una proteina fluorescente, nel caso di questa immagine il “GFP” (verde). È quindi sufficiente seguire il percorso delle cellule verdi nel bulbo olfattivo e identificare il tipo di nuovi neuroni generati.
Per questo studio, il tessuto è stato trattato con due anticorpi fluorescenti (rosso e arancione) per rivelare la presenza di proteine specifiche nelle cellule. I globuli rossi e arancioni corrispondono rispettivamente a due sottotipi di neuroni presenti nel bulbo olfattivo: neuroni dopaminergicineuroni (neurotrasmettitore) e calretinina (proteina legante il calcio). Le cellule verdi corrispondono a nuovi neuroni prodotti da cellule staminali modificate il primo giorno dopo la nascita, in cui è stata introdotta la proteina fluorescente GFP mediante manipolazione genetica. Un neurone verde e arancione indica che questo nuovo neurone è un neurone della calretinina e un neurone verde e rosso è un neurone della dopamina.
Autore
Nathalie Coré-Polo, CNRS Researcher, Aix-Marseille University (AMU)