Come si forma un fulmine e perché si diffonde a zigzag?
I fulmini sono scariche elettriche che collegano le nubi temporalesche al suolo, rilasciando in pochi millisecondi un’energia capace di alimentare una città per giorni. Nonostante siano osservati da millenni, il loro meccanismo di propagazione – con quei caratteristici zigzag che sembrano solcare il cielo a scatti – è stato compreso solo di recente, grazie a studi che combinano fisica dell’atmosfera, chimica quantistica e modelli computazionali.
Indice
La nascita di un fulmine: tra cariche elettriche e molecole eccitate
All’interno di una nube temporalesca, gli scontri tra particelle di ghiaccio, acqua e grandine generano una separazione di cariche: quelle positive si accumulano nella parte superiore della nube, quelle negative in quella inferiore. Questo squilibrio crea un campo elettrico fino a 100 milioni di volt, sufficiente a ionizzare l’aria. Gli elettroni liberi, accelerati dal campo, acquisiscono energia cinetica tale da eccitare le molecole di ossigeno (O₂) a uno stato metastabile chiamato “singoletto”, in cui due elettroni della molecola hanno spin paralleli, una configurazione ad alta energia che persiste per decine di minuti.
Quando la concentrazione di queste molecole metastabili supera una soglia critica (circa l’1% dell’ossigeno presente), innescano un fenomeno a cascata: strappano elettroni agli ioni negativi di ossigeno (O⁻), trasformando l’aria da isolante a conduttiva. Si forma così un canale ionizzato lungo 50-100 metri, che brilla intensamente per un milionesimo di secondo. Questo è il “passo” visibile del fulmine. Al termine della scarica, gli elettroni si rilegano alle molecole di O₂, ricreando ioni negativi e interrompendo temporaneamente la conduzione. La pausa dura circa 50 microsecondi, durante i quali nuove molecole metastabili si accumulano, pronte a generare il passo successivo.
Zigzag e percorso irregolare: il ruolo del caos atmosferico
La propagazione a scatti spiega anche la forma a zigzag. Ogni nuovo passo parte dall’estremità del precedente, ma la direzione è influenzata da minuscole disomogeneità nell’aria: variazioni di umidità, particelle di polvere, o correnti ascendenti deviano il percorso verso zone di minore resistenza elettrica. Gli angoli tra un passo e l’altro sono quindi una mappa delle turbolenze atmosferiche locali. Tra una scarica e l’altra, le molecole di ossigeno metastabile formano una colonna debolmente conduttiva che collega la punta del fulmine alla nube, permettendo alla corrente di fluire senza bisogno di un campo elettrico intenso. Questo “filo invisibile” garantisce la continuità della scarica anche su distanze di chilometri.
Implicazioni pratiche: dalla scienza alla sicurezza
Comprendere questi dettagli non è un esercizio accademico. L’aumento di eventi meteorologici estremi legati al cambiamento climatico rende urgente migliorare la protezione da fulmini. I parafulmini tradizionali, basati sul principio di Franklin, attirano la scarica ma non sempre sono sufficienti per strutture complesse come aeroporti o parchi eolici. Nuove tecnologie, come sistemi a laser che creano canali ionizzati per guidare i fulmini, sfruttano proprio la conoscenza dei meccanismi di propagazione a passi.
Anche i materiali moderni pongono sfide: i compositi in fibra di carbonio usati negli aerei, sebbene leggeri ed ecologici, sono vulnerabili ai danni da fulmine. Progettare strati protettivi che dissipino le cariche in modo controllato richiede simulazioni precise del comportamento degli elettroni durante le scariche. Persino strutture apparentemente innocue, come i gazebo metallici nei parchi, diventano pericolose se non correttamente messe a terra: il metallo attira il fulmine, ma i supporti in legno impediscono la dispersione della corrente, con il rischio di esplosioni per vaporizzazione dell’acqua interna.
Un fenomeno quantistico su scala macroscopica
Il fulmine è un ponte tra il mondo microscopico delle particelle e quello macroscopico delle tempeste. Ogni zigzag riflette l’interazione tra elettroni ad alta energia e molecole di ossigeno, mentre la pausa tra un passo e l’altro è un delicato equilibrio tra ionizzazione e ricombinazione. Studiare questi processi non solo svela i segreti di un fenomeno affascinante, ma ci ricorda che anche nelle forze più violente della natura agiscono leggi precise, che possiamo decifrare e utilizzare per proteggere il nostro futuro.