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Caravella portoghese: cos’è, dove vive e quanto è pericolosa

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Le caravelle portoghesi avvistate di recente hanno lanciato molti allarmi. E lo hanno fatto per due motivi: per quanto sono pericolose e perché appaiono dove prima non c’erano.

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Cos’ è esattamente la caravella portoghese?

All’inizio, una sorpresa: una caravella portoghese non è una medusa. Sebbene i tessuti di Physalia physalis – così si chiama appunto questa specie – siano estremamente semplici, se consideriamo la sua organizzazione morfologica, sociale e funzionale, abbiamo a che fare con uno degli organismi più straordinariamente complessi del regno animale.

Così, un “pezzo” di caravella portoghese, osservato al microscopio, si riduce a poco più di due sottili strati cellulari che, come flaccide fette di un tramezzino, racchiudono al loro interno un sottile strato di gelatina.

Ma tutto cambia se sostituiamo il microscopio con una lente d’ingrandimento binoculare. Ecco dove si svolgono le sorprese. La prima è che pensavamo fosse un singolo animale e invece è una sofisticata colonia di individui (zooidi) con forme e funzioni molto diverse. La seconda è che gli zooidi sono disposti in modo tale che, insieme, emulano l’anatomia di una medusa.

È come se un gruppo di esseri umani diventasse molto piccolo e si attaccasse insieme per formare un superorganismo che, per dimensioni e forma complessiva, assomiglia a un uomo. Affascinante.

Una nave madre

Ma come? L'”ombrello”, cioè la parte più vicina alla superficie dell’acqua e che assomiglia al “cappello” della tradizionale medusa, non è altro che un individuo della colonia. Ma non un individuo qualsiasi, bensì il polipo fondatore della colonia e responsabile di una missione importantissima: la navigazione.

Per fare questo ha una morfologia che permette le due azioni tipiche della navigazione: fluttuare e andare avanti. Garantisce il galleggiamento trasformandosi in un gigante gonfiato, cioè diventando enorme e iniettando gas pressurizzato al suo interno. Abbiamo già un galleggiante efficace, il pneumatoforo, per evitare che la colonia affondi.

Per mantenerne il turgore, gli abbondanti mitocondri nell’epitelio di questa particolare “bolla” forniscono l’energia necessaria alla continua produzione di gas, soprattutto monossido di carbonio e azoto (a proposito, beato pneumatoforo perché, a differenza di altre meduse che nuotano in profondità, o tra le acque, le caravelle portoghesi galleggiano sempre in superficie e “le vediamo arrivare”).

Per navigare, il pneumatoforo forma una cresta con la quale, e come una vela, caccia il vento e si spinge come qualsiasi altra barca a vela che solca le nostre acque.

Un’altra delle sofisticazioni del pneumatoforo è che funge da nave madre che trasporta i suoi “bambini”. Questi rimangono appesi alla loro base, adottando l’aspetto dei falsi tentacoli di questa medusa simulata.

Esiste un primo tipo di individui-tentacoli che sono corti e specializzati nell’alimentazione (gastrozoidi). Un secondo tipo è costituito dai gonozoidi, quelli preposti alla riproduzione. E c’è un ultimo tipo, i dattilozoidi, che possono diventare molto allungati e… pungere!

Perché la caravella portoghese è così pericolosa?

La risposta a questa domanda è strettamente correlata al nome inglese che riceve il nostro protagonista. Gli anglosassoni non scherzano e preferiscono alludere alla qualità più cruda di questo sifonoforo: lo chiamano portuguese caravel, cioè, nave da guerra portoghese o caravella portoghese.

E hanno ragione, perché stiamo parlando delle più letali “corazzate biologiche”. Le loro armi sono custodite nei lunghi e finti “tentacoli”, i dattilozoidi, un vero e proprio esercito vestito di blu grazie alle loro biliproteine ​​intracellulari.

Completamente carichi di cellule offensive/difensive (gli cnidociti), i dattilozoidi iniettano un veleno molto potente in modo sorprendente. Ogni dattilozoide ha più di un milione di cnidociti (cellule urticanti) per centimetro. E può raggiungere i 30 cm di lunghezza! Ogni cnidocita racchiude, in una capsula a pressione (la cnematocisti), una sorta di arpione intracellulare che funziona come una siringa. Quando “qualcosa” tocca il dattilozoide, vengono sparati centinaia di milioni di “colpi di arpione”, iniettando la tossina nel bersaglio.

Quel “qualcosa” può essere una preda (le caravelle sono carnivore), un predatore o un fiducioso bagnante che si gode il suo rinfrescante bagno in mare nella calda estate.

Abbiamo quindi una nave da guerra (la caravella) che trasporta carri armati (i dattilozoidi) carichi di miliardi di soldati (gli cnidociti) armati di fiocine che iniettano una potente tossina. Tanto che può provocare la paralisi muscolare, colpire il sistema nervoso e i centri respiratori, e causare la morte ad alte dosi nei pesci che cattura.

In un essere umano, oltre a una lesione cutanea dolorosa e duratura, le conseguenze del morso dipenderanno dalla quantità di tossina che questo simpatico animaletto ci inietta. Ciò, a sua volta, dipenderà dalle dimensioni della caravella, da quanto è “intenso” il suo abbraccio (numero di tentacoli che entrano in contatto con la pelle) e dalla biomassa della persona colpita.

Nel Pacifico, Indiano e Mediterraneo

Le caravelle si trovano solitamente in mare aperto nelle aree tropicali e subtropicali del Pacifico e dell’Oceano Indiano, così come nella Corrente del Golfo dell’Atlantico (che la avvicina al Portogallo, da cui l’aggettivo “portoghese”). Tuttavia, ci sono record contrastanti di avvistamenti negli ultimi anni sulle spiagge del Mediterraneo.

Secondo un recente studio, il suo ingresso nel Mediterraneo sarebbe da attribuire a un’insolita combinazione di condizioni meteorologiche e oceanografiche e non a un’invasione permanente favorita dai cambiamenti climatici. D’altra parte, il loro avvicinamento alle coste è direttamente correlato alla diminuzione delle tartarughe marine, il loro principale predatore naturale.

In ogni caso, non pensare a niente di quello che ti ho detto quando vedi una piccola bolla violacea fluttuare nelle vicinanze. La caravella portoghese è un’arma biologica di prima grandezza (alla quale spero che gli ingegneri di guerra non prestino troppa attenzione). Quindi nuota nella direzione opposta, esci dall’acqua il prima possibile e avvisa le autorità della sua presenza.

Autore

A. Victoria de Andrés FernándezUniversità di Malaga