Nebulosa di Orione

JuMBO: i nuovi meccanismi di formazione planetaria

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Negli ultimi decenni, l’indagine sugli esopianeti, ovvero pianeti che orbitano attorno a stelle diverse dal nostro Sole, ha compiuto progressi straordinari. Le scoperte sono state molteplici, con migliaia di sistemi planetari confermati. La ricerca è ora focalizzata sulla ricerca di esopianeti simili alla Terra, situati nella cosiddetta “zona abitabile” delle loro stelle, dove potrebbero esistere condizioni favorevoli alla vita. Nonostante tutti questi progressi, ci sono ancora molti misteri da svelare sulla formazione e l’evoluzione dei sistemi planetari.

Dai granelli di polvere ai pianeti

L’idea più accettata è che gli esopianeti si formino all’interno di dischi protoplanetari che circondano le stelle durante il processo di formazione stellare. Questi dischi sono principalmente composti da gas e polvere. La teoria prevalente suggerisce che i granelli di polvere presenti nel disco si uniscano e crescano attraverso collisioni, formando così nuclei planetari iniziali. Una volta formati, questi nuclei iniziano ad accumulare gas e polvere dal disco mentre orbitano attorno alla loro stella, finendo per diventare dei veri e propri pianeti. Questo processo di accumulo di grandi quantità di gas è fondamentale per la formazione di giganti gassosi come Giove.

Tuttavia, esistono anche modelli alternativi che suggeriscono che i dischi protoplanetari possono frammentarsi, dando luogo a pezzi di disco in grado di collassare direttamente in pianeti. Questo ci mostra quanto sia complessa e variegata la formazione planetaria.

Indipendentemente dal meccanismo di formazione, i pianeti possono anche subire “migrazioni” nelle loro orbite a causa di interazioni gravitazionali con altri pianeti o con il disco protoplanetario stesso. Questi spostamenti possono influenzare l’architettura finale del sistema planetario, portando addirittura all’espulsione di uno o più pianeti, che diventano oggetti che vagano liberamente nello spazio interstellare, noti come “oggetti fluttuanti di massa planetaria” o PMO (dall’inglese “planetary mass objects”).

Obiettivo: ammasso del trapezio

Le regioni stellari in cui si formano stelle offrono le migliori opportunità per identificare i PMO. Questi oggetti sub-stellari, che non raggiungono la massa necessaria per innescare reazioni nucleari di fusione dell’idrogeno e del deuterio (circa 13 volte la massa di Giove), si raffreddano rapidamente, diventando meno luminosi con l’età. Tuttavia, quando sono giovani, sono ancora abbastanza luminosi da poter essere rilevati, poiché rilasciano energia gravitazionale mentre si contraggono.

In questo contesto, l’ammasso del trapezio, situato al centro della Nebulosa di Orione, rappresenta un laboratorio ideale per lo studio del processo di nascita di stelle e pianeti. Grazie a telescopi come Hubble, gli astronomi hanno potuto studiare l’origine e la formazione dei PMO, nonché la composizione e le proprietà delle loro atmosfere. Analizzando la loro posizione nello spazio e la loro relazione con le stelle e gli altri oggetti, è possibile ottenere indizi preziosi su come si sono formati.

Fino a poco tempo fa, i PMO più piccoli avevano una massa compresa tra 3 e 5 volte quella di Giove, che si avvicina al limite teorico minimo per la formazione di tali oggetti attraverso il meccanismo di frammentazione e collasso di nubi di gas e polvere, lo stesso meccanismo con cui si formano le stelle.

La scoperta dei JuMBO

Tuttavia, recentemente, grazie alla straordinaria capacità di rilevamento del Telescopio Spaziale James Webb, un progetto di mappatura della Nebulosa di Orione e dell’ammasso del trapezio ha portato alla scoperta di 540 nuovi PMO. La caratteristica più sorprendente di questi nuovi oggetti è che alcuni di essi, noti come JuMBO (dall’inglese “Jupiter Mass Binary Objects”), sono parte di sistemi binari ampi, ovvero sono gravitazionalmente legati tra loro.

La scoperta dei JuMBO sfida le attuali teorie di formazione stellare e planetaria. Tipicamente, la frazione di stelle che ha almeno un compagno diminuisce con la massa stellare. In altre parole, le stelle più massive tendono a formarsi molto più spesso in sistemi binari o multipli rispetto alle stelle meno massive. Tuttavia, sembra che questa tendenza venga inaspettatamente invertita quando si osservano i JuMBO situati nell’estremo inferiore della scala di massa.

Un nuovo meccanismo di formazione?

Tali caratteristiche suggeriscono che potrebbero essere coinvolti nuovi meccanismi di formazione. Se i JuMBO si sono formati attraverso un processo “simile a una stella”, per esempio tramite il collasso gravitazionale di un disco di gas e polvere, allora deve esistere un qualche processo fisico non ancora identificato che favorisce la creazione di oggetti di così bassa massa.

Alternativamente, è possibile che siano nati attraverso un processo “simile a un pianeta”, all’interno di un disco intorno a una stella madre, e siano stati successivamente espulsi violentamente. Questi eventi possono essere causati da interazioni dinamiche tra stelle, che sono relativamente comuni nelle regioni di formazione stellare dense, come il l’ammasso del trapezio. Tuttavia, spiegarne la formazione in coppia e la loro permanenza legata gravitazionalmente rimane una sfida per i modelli teorici attuali.

La comprensione della quantità e della distribuzione di PMO e JuMBO osservati dal telescopio James Webb nell’ammasso del trapezio apre la porta a un nuovo mistero. Sembra suggerire la possibilità di una combinazione di diversi scenari di formazione o persino la necessità di un nuovo meccanismo di formazione planetaria.

Alla ricerca di risposte

L’osservazione dei JuMBO e dei PMO nell’ammasso del trapezio solleva domande intriganti sul processo di formazione planetaria e stellare. Per risolvere questi misteri, gli scienziati stanno svolgendo ricerche intensive e stanno cercando di sviluppare nuovi modelli teorici che tengano conto di questi sorprendenti ritrovamenti.

Uno dei punti chiave in questa ricerca è la necessità di approfondire ulteriormente l’osservazione e lo studio dei JuMBO e dei PMO. Utilizzando il Telescopio Spaziale James Webb e altri strumenti avanzati, gli astronomi sperano di raccogliere ulteriori dati che permettano di gettare luce sui processi di formazione coinvolti.

Alcune delle domande principali che gli scienziati stanno cercando di risolvere includono:

  1. Come si formano esattamente i JuMBO? Quali meccanismi fisici sconosciuti potrebbero essere coinvolti nella loro formazione?
  2. Quali sono le dinamiche esatte che portano alla formazione di sistemi binari o multipli di JuMBO?
  3. Esistono differenze significative tra i meccanismi di formazione degli esopianeti e quelli delle stelle?
  4. Come influiscono le interazioni dinamiche tra stelle sulla formazione e l’evoluzione dei pianeti e degli oggetti sub-stellari?
  5. Cosa possono rivelare i JuMBO sulla diversità e la complessità del nostro universo?

Conclusioni

L’osservazione dei JuMBO e dei PMO nell’ammasso del trapezio grazie al Telescopio Spaziale James Webb ha aperto nuove prospettive nella nostra comprensione dei processi di formazione planetaria e stellare. Questi oggetti misteriosi sfidano le attuali teorie e sollevano domande importanti sulla diversità e la complessità del nostro universo.

La ricerca in corso mira a fornire risposte a questi interrogativi, guidando lo sviluppo di nuovi modelli teorici e approfondendo ulteriormente le osservazioni. Alla fine, la scoperta dei JuMBO ci ricorda quanto sia affascinante e in continua evoluzione il campo dell’astrofisica, con nuove scoperte che ci aspettano mentre esploriamo i misteri dell’universo.