Stelle nell'universo

Cosa ci insegna la stella Eärendel sui primi momenti dell’universo

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Eärendel è la stella individuale più lontana mai osservata fino ad oggi. Deve il suo nome al poema scritto da Tolkien nel 1914, The Voyage of Eärendel, ispirato alla mitologia anglosassone. Ma cosa può insegnarci una stella che non esiste più sulla vita e la morte dei suoi simili? E del Big Bang ?

Secondo i calcoli degli autori di questa importante scoperta, pubblicati sulla rivista Nature, Eärendel avrebbe una massa 50 volte quella del Sole e si sarebbe formata 900 milioni di anni dopo il Big Bang. Questo è in realtà un piccolo tempo rispetto all’età dell’universo, circa 13,8 miliardi di anni.

Ciò implicherebbe che la luce emessa da questa stella molto antica, raccolta dal telescopio spaziale Hubble, avrebbe viaggiato per circa 12,8 miliardi di anni. In quel periodo Eärendel ha cessato di esistere: è esplosa in un momento del passato, quando ha esaurito il carburante stellare.

Prima di approfondire le possibili conseguenze di questa scoperta, esamineremo alcuni aspetti fondamentali della vita e dell’evoluzione di una stella.

Evoluzione stellare

Possiamo immaginare la vita di una stella come quella di un essere vivente: invecchiando, subiscono cambiamenti nella loro struttura e composizione.

Una stella ha origine quando le nubi molecolari (che sono regioni galattiche ricche di idrogeno a temperatura molto bassa) collassano a causa della loro stessa attrazione gravitazionale, frammentandosi in pezzi più piccoli.

Quando la densità e la temperatura di questi frammenti sono sufficientemente elevate, si innesca una reazione di fusione nucleare. Questo rilascia un’enorme quantità di radiazioni, oltre a trasformare l’idrogeno in elio.

Finché la stella ha abbastanza idrogeno per bruciare, la pressione della radiazione emessa può compensare la gravità della stella stessa, che tende a contrarla. Siamo quindi nella fase più lunga della vita di una stella, la cosiddetta sequenza principale. Ciò rappresenta il 90% della loro intera esistenza.

Quando la stella esaurisce la sua riserva di idrogeno, genera nuovi elementi chimici al suo interno (carbonio, neon e ossigeno, tra gli altri). La stella invecchia e subisce cambiamenti nella sua composizione e dimensione. Diventa così una stella nana, gigante supergigante.

L’animazione in questo video mostra un confronto delle dimensioni di diverse stelle con diversi stadi nella loro evoluzione stellare.

Anche il suo esito finale è diverso, a seconda della massa: le stelle più massicce esploderanno sotto forma di supernove (lasciandosi dietro una stella di neutroni o un buco nero) mentre quelle di massa minore diventeranno nane bianche.

Come è stata rilevata la stella Eärendel?

Eärendel ha completato la sua evoluzione stellare e quindi non esiste oggi.

Ma come è stato possibile rilevare una singola stella così lontana da noi e così vicina ai primi istanti dell’universo?

Ad oggi, le osservazioni astronomiche di oggetti così lontani corrispondevano a gruppi di stelle (ammassi stellari) incastonati nelle galassie più primitive. Cioè, le singole stelle non potevano essere distinte a distanze così enormi.

Tuttavia, esiste la possibilità, come nel caso di Eärendel, che la luce emessa da questa stella molto lontana incontrerà oggetti molto massicci (come gli ammassi di galassie) sulla sua strada verso la Terra. Di conseguenza, la luce di Eärendel è stata amplificata e distorta da questi oggetti fino a essere finalmente rilevata dal telescopio spaziale Hubble.

Questo fenomeno è chiamato lente gravitazionale ed è un effetto derivato dalla teoria della relatività generale di Einstein. Il processo equivalente in ottica consisterebbe nella deformazione dell’immagine di un oggetto quando guardiamo attraverso una lente.

La seguente simulazione spiega in dettaglio questo fenomeno. Un oggetto molto massiccio (ad esempio un buco nero) si muove da sinistra a destra nella figura, davanti a uno sfondo formato da un ammasso galattico.

La luce di queste galassie viene riflessa gravitazionalmente quando passa vicino al buco nero e l’immagine che vediamo viene percepita come distorta e amplificata.

Di conseguenza, Eärendel è stato osservato grazie all’effetto di lente gravitazionale generato dall’ammasso di galassie chiamato WHL0137-08, situato a 5,5 miliardi di anni luce da noi, oltre ad un opportuno e fortunato allineamento con la Terra.

Perché la scoperta è importante?

Il fatto di aver rilevato la luce di una stella così antica ci riporta inequivocabilmente ai primi istanti dell’Universo, quando le stelle primordiali erano costituite dai più semplici elementi chimici come idrogeno, elio e litio.

Si tratta di popolazioni stellari di tipo III (stelle molto calde praticamente prive di metalli) o di tipo II (con una concentrazione molto bassa di elementi più pesanti dell’elio). Si ritiene che Eärendel sia una stella di tipo II.

Va ricordato che questa scoperta è stata fatta dal vecchio telescopio spaziale Hubble. Fino ad ora, tali prime stelle erano state individualmente invisibili. Sarà il suo successore, il James Webb Space Telescope, che ci permetterà di guardare ancora più lontano e prima nell’universo.

Autore

Oscar del Barco NovilloUniversità di Murcia