L’Agenzia spaziale europea (ESA) ha recentemente annunciato una nuova missione del suo programma scientifico: un piccolo telescopio in orbita attorno alla Terra soprannominato Arrakihs. Ma sebbene il suo nome sia ispirato al romanzo di fantascienza Dune, non cercherà vermi della sabbia o “spezie” su un pianeta deserto.
Invece, questo agile satellite cercherà di rintracciare una delle sostanze più sfuggenti e misteriose dell’universo: la materia oscura. Questo è il termine dato all’ipotetica materia invisibile che si pensa sia più abbondante della materia normale e abbia un effetto gravitazionale simile su ciò che la circonda.
La missione è classificata come veloce (F), il che significa che è più piccola, più focalizzata e ha un turnaround più rapido (meno di dieci anni al lancio) rispetto ad altri tipi di missioni ESA. La precedente missione F dell’agenzia, selezionata nel 2019, si chiama Comet Interceptor. Già parcheggiata in un punto stabile del Sistema Solare, questa sonda è in attesa che una cometa si presenti e la sorvoli, cosa che dovrebbe accadere nel periodo in cui Arrakihs verrà lanciato all’inizio degli anni ’30.
Segui la luce
Poiché la materia oscura sfugge ancora al rilevamento, la missione prenderà di mira le fonti di luce ad essa sensibili. Ci aspettiamo che la materia normale – la materia che effettivamente emette luce, come le stelle nelle galassie – si muova principalmente sotto l’influenza della materia oscura, che è più abbondante.
Si crede che intere galassie siano mosse avanti e indietro dalla materia oscura sottostante, come fari sparsi su un oceano invisibile. La loro navigazione è però accidentata, poiché si pensa che la materia oscura sia distribuita in modo non uniforme nell’universo, formando una “rete cosmica” su vaste distanze e avendo un aspetto più grumoso su scale galattiche. Alcuni di questi ammassi dovrebbero essere popolati da piccole galassie chiamate galassie nane, mentre altri sarebbero costituiti interamente da materia oscura.
Ci sono anche detriti rimasti da quelle galassie nane che si avventurano troppo vicino alle galassie ospiti attorno alle quali orbitano. Mentre la materia oscura circostante fa a pezzi queste galassie attraverso le maree gravitazionali, iniziano a districarsi in lunghi flussi di stelle che avvolgono vaste aree di spazio. Questi sottili veli di luce sono un’altra connessione con l’invisibile. Contando e misurando le loro forme, possiamo dedurre di quale tipo di particella è composta la materia oscura e, in definitiva, quale modello cosmologico è il più accurato.
Il grumo nello spazio è una solida previsione dei nostri modelli cosmologici, in quanto rappresenta semplicemente il risultato della gravità che agisce sulla materia. Tuttavia, i nostri modelli forniscono previsioni contrastanti sul numero di questi grumi, che potrebbe essere maggiore o minore a seconda del tipo di particella o particelle di cui presumiamo sia composta la materia oscura.
Nel modello standard della cosmologia, si presume che le particelle di materia oscura siano “fredde”, nel senso che sono pesanti e si muovono lentamente (un esempio potrebbe essere “particelle massicce che interagiscono debolmente”, o Wimps). Ciò implica che la nostra Via Lattea conterrà centinaia di ammassi di materia oscura, alcuni dei quali conterranno galassie nane. Ma il problema è che vediamo solo poche dozzine di galassie nane intorno a noi, il che è molto sconcertante. Potrebbe significare che la maggior parte di questi ammassi sono fatti di materia oscura.
I cosmologi hanno però altre idee praticabili. Ad esempio, se la materia oscura è “calda”, il che significa che le particelle sono molto più leggere e veloci, come i neutrini sterili, all’inizio ci sarebbero molti meno grumi. Le osservazioni possono darci l’ultimo indizio su quale modello sia giusto, ma per arrivarci, abbiamo prima bisogno di un accurato censimento delle galassie nane in orbita attorno alla Via Lattea.
La punta dell’iceberg
Ci sono forti indicazioni che le galassie nane scoperte finora vicino alla Via Lattea o ad altre grandi galassie siano solo la punta dell’iceberg e che molte altre rimangano nascoste dietro la luce dei loro ospiti. Arrakihs sarà in grado di scoprire questa popolazione scomparsa anche a grandi distanze da noi.
L’osservazione di questa debole luce stellare si è dimostrata impegnativa anche per i più grandi telescopi sulla Terra, poiché richiede immagini e rilevamenti molto profondi di ampie porzioni di cielo. Inoltre, l’atmosfera terrestre è un ostacolo. Arrakihs osserverà dallo spazio, con una fotocamera innovativa che sonda più in profondità sia nella parte ottica che nel vicino infrarosso dello spettro, e con un campo visivo molto più ampio. (Per inciso, questo tipo di fotocamera può anche guardare la Terra con un’eccellente risoluzione.)
Il centinaio di sistemi simili alla Via Lattea che saranno osservati si trovano a circa 100 milioni di anni luce di distanza, dove finora sono state scoperte solo poche galassie nane e nessun flusso stellare. Quando sapremo il numero di galassie nane che saranno presto scoperte e come saranno viste distribuite nello spazio, dovremmo essere in grado di definire il modello cosmologico corretto.
Arrakihs troverà molti dei pezzi mancanti nel puzzle fornito dalla materia oscura, integrando ciò che già sappiamo dall’universo vicino e ciò che impareremo in futuro da altri prossimi telescopi, come Euclid o l’Osservatorio Vera Rubin.
La speranza è che queste osservazioni combinate e dettagliate rivelino finalmente il mistero della materia oscura e ci aiutino a capire cosa costituisce la maggior parte della materia nel cosmo.
Autore
Andreea Font, Università John Moores di Liverpool