Terapia fotodinamica: luce e ossigeno al posto degli antibiotici

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato la resistenza antimicrobica come uno dei principali problemi sanitari globali. L’uso abusivo e scorretto degli antibiotici sta rendendo batteri, virus e funghi resistenti ai farmaci che attualmente utilizziamo per combatterli.

Ciò implica che le malattie comuni che fino ad ora erano state controllate non lo sono più, come le infezioni urinarie causate dai batteri Escherichia coli o infezioni più gravi nel sangue causate dal fungo Candida auris. La mancanza di risposta rende difficile il trattamento, prolunga la durata della malattia, aumenta il rischio di recidive e di diffusione di queste malattie e, nel peggiore dei casi, aumenta il numero di decessi.

Pertanto, nasce la necessità di cercare strategie alternative per affrontare questi parassiti multiresistenti. Tuttavia, lo sviluppo di nuovi antibiotici comporta costi elevati e generalmente richiede lunghi periodi di tempo prima della loro regolamentazione e approvazione. Tanto che, in alcuni casi, i microrganismi generano resistenza ai nuovi farmaci prima che ne venga approvata la commercializzazione.

Uccidere i microbi con la luce e l’ossigeno

Una delle strategie alternative agli antibiotici è la terapia fotodinamica. Richiede la presenza di tre elementi contemporaneamente: la luce, un composto fotosensibile generalmente di natura organica che presenta un colore intenso (fotosensibilizzatore) e l’ossigeno molecolare.

La luce di una certa lunghezza d’onda (blu, verde, rosso) attiva la molecola fotosensibile, che a sua volta è in grado di attivare l’ossigeno molecolare e generare le cosiddette specie reattive dell’ossigeno (ROS).

I ROS sono in grado di danneggiare varie biomolecole essenziali per cellule o microrganismi come proteine, lipidi e acidi nucleici. Di conseguenza, si generano danni a cellule, batteri, virus o funghi, provocandone la morte.

La terapia fotodinamica ha pochissimi effetti collaterali

La cosa interessante di questo trattamento è che solo quando i tre componenti sono presenti contemporaneamente si realizza l’effetto terapeutico, poiché i tre elementi presi separatamente non sono tossici. Questo permette di controllare e localizzare il trattamento attraverso la luce: solo nelle aree in cui si sono accumulate molecole fotosensibili e vengono irradiate localmente con dosi di luce controllate (in potenza e tempo) si genereranno specie reattive dell’ossigeno. Possiamo quindi garantire che si tratta di una procedura selettiva, che agisce esattamente dove vogliamo e difficilmente provoca effetti collaterali.

Attualmente, questa terapia viene utilizzata per diversi problemi di salute localizzati sulla superficie della pelle, principalmente in dermatologia (infezioni fungine, acne, psoriasi,… ) e come trattamento selettivo per alcuni carcinomi cutanei e lesioni precancerose, come la cheratosi attinica.

Viene utilizzato anche in campo odontoiatrico per il trattamento delle infezioni del cavo orale come la parodontite, causata dall’accumulo di batteri.

Distrugge anche i virus

La terapia fotodinamica è promettente per diversi motivi. Da un lato agisce contro diversi agenti infettivi, compresi i virus contro i quali gli antibiotici non hanno alcun effetto. Inoltre, i suoi risultati sono immediati e solitamente non sviluppa resistenza, quindi il trattamento può essere ripetuto più volte.

Tuttavia presenta anche diverse limitazioni su cui la comunità scientifica sta lavorando. Il primo è che, normalmente, i fotosensibilizzatori sono composti organici scarsamente solubili in mezzi acquosi, il che rende difficile il loro ingresso nella cellula. In secondo luogo, affinché non si accumulino nelle cellule sane, la loro specificità deve essere promossa esclusivamente verso gli agenti patologici (virus, batteri e funghi).

Una delle opzioni prese in considerazione è quella di aggiungere gruppi funzionali o molecole solubili in acqua e/o selettivi verso un tipo di microrganismo (ad esempio zuccheri) al fine di ridurre il suo carattere idrofobico intrinseco e aumentarne la specificità. Si propone inoltre di utilizzare nanoparticelle come trasportatori di questi composti fotoattivi.

L’utilizzo delle nanotecnologie è sempre più diffuso nella nostra società nelle applicazioni biomediche (nanomedicina). Zona ampiamente studiata per il trasporto di farmaci e in questo caso fotosensibilizzatori.

Sebbene vi sia ancora lavoro di ricerca da sviluppare e nuovi studi clinici da effettuare, tutto indica che la luce e l’ossigeno potrebbero trasformare il futuro della cura delle malattie infettive.